venerdì 15 luglio 2011

I Cavalli volano?

È il 1872, fa un caldo torrido a Sacramento, sono notti in cui il prendere sonno è facile come sparare ad un girino da venti yarde e Leland Stanford, governatore della California, bussa ripetutamente ad una porta.
- Chi è? - si sente dire dal piano nobile, da quelle parti in realtà non si usa molto questo termine, ma le origini del padrone di casa non prevedono certo altri sinonimi - Sono Stanford, dite a Muybridge di scendere, ho bisogno di lui per un lavoro dei suoi, ci va della mia reputazione! -.
Davanti a lui un uomo sulla quarantina, alto e robusto, che lo invita ad entrare, Edward oramai abita in quel buco fiammeggiante da ben diciassette anni, arrivò nei nuovi stati come tutti, lasciando le fresche vie di Kingston in cerca di fortuna e di nuove occasioni.
Fu nel 55 che vide per la prima volta la signora che saluta dal porto i prossimi americani, in ogni caso c'è da dire che non gli era certo andata male, già a pochi anni di distanza dal suo arrivo alcuni suoi scatti dello Yosemite lo avevano reso famoso, oddio, in mezzo a quella gente se facevi il fotografo avevi solo due possibilità: diventavi un genio, ti sparavano per avergli rubato l'anima...
- Edward ho bisogno dei tuoi apparecchi, ho passato tutta la sera a fissare quel dannato quadro appeso all'ingresso ed ho bisogno di capire se davvero i cavalli sollevano tutte e quattro le zampe da terra durante la corsa - attimo di silenzio - come prego? -.

Per quanto la proposta di Stenton suonasse strana, Edward non batté ciglio anche perchè la questione, rianalizzandola in seconda battuta, poteva avere delle ripercussioni importanti, qui si stava a stabilire se la metà dei quadri della National Gallery fossero sbagliati, cioè, ci si sarebbe anche potuti giocare l'amor di patria su di uno scherzo del genere e messo di fronte a questo nuovo pensiero non ci pensò su due volte ed accetto.

Lavorò per mesi, rimuginò, ragionò e studiò profondamente la conformazione del cavallo, della macchina, della lastra, del cavalletto, andò alle corse, nelle stalle, nei maneggi, a caccia, al trotto ed al passo, finché, come sempre capita, venne colpito dall'illuminazione - Eureka! Flora! Flora! Ho trovato la soluzione! -.
La sua idea era semplice quanto geniale e l'aver perso giorni e giorni a cercare di accelerare il processo di scatto fotografico gli aveva finalmente reso la soluzione: era impossibile.
Sì, non sarebbe mai riuscito a produrre una macchina fotografica capace di scattare a raffica a quella velocità, nemmeno se si fosse messo lui a tirarne il nastro, la soluzione era solo una: usarne dodici appaiate!
Dodici macchine fotografiche collegate tra loro e con il cavallo da dei fili - ...così che quando il cavallo passa la foto scatta! Leland questa volta credo proprio di avercela fatta! -.
Il successo del suo lavoro fu internazionale, lo stesso Paul Valéry scrisse che "Le fotografie di Muybridge rivelano chiaramente gli errori in cui sono incorsi tutti gli scultori e i pittori quando hanno voluto rappresentare le diverse andature del cavallo".

Tutto sembrava andare bene se non fosse stato per Flora, da quando si erano trasferiti nella baia di San Francisco era diventata sempre più interessata alla vita mondana e sempre meno a quella coniugale...
Non passò molto tempo da allora a quando Edward la scoprì a letto con il sindaco, l'idea di essere stato tradito, la sensazione di aver rivelato segreti, pensieri, regalato attimi, ad una persona così distante da lui, così diversa da come la credeva, una spia pensò, una spia sotto il suo tetto, non passò che un secondo da quell'attimo a quando aprì il fuoco, la polizia lo trovò piangente, lontano da quella stanza, dalla camera dove aveva chiuso la sua storia con Flora per sempre.

Venne arrestato ma i suoi tanti amici ed il comprovato tradimento riuscirono a farlo scagionare, omicidio d'onore dissero, lui però non riusciva più a vedere quei luoghi, restare lì era tortura lunga ventiquattr'ore e ripetuta tutti i giorni, non poteva più restare.
Fu allora che chiamò Leland, la loro lunga amicizia oramai era diventata come quella tra due fratelli, Leland lo raggiunse e lo aiutò a trasferirsi in Sudamerica, aveva degli affari in ballo con la ferrovia, ne era diventato da poco il comproprietario e non fu certo difficile far assumere Edward agli uffici.
Il suo lavoro era ora tranquillo, quasi monotono, l’unica cosa che gli permetteva di rimanere lucido era la fotografia, per questo girava sempre con appresso tutta l’attrezzatura, in zone del genere non potevi mai sapere quando sarebbe capitato uno scatto memorabile.

È la primavera del 77 quando Leland gli propone di tornare negli States - ...ora c'è la Stanford University, è tutto cambiato, se ti va posso far sì di finanziarti, credo che la tua idea degli scatti multipli potrebbe fruttare diversi soldi se la commercializzassimo, che dici, accetti? - negli anni successivi Edward, grazie ovviamente ai soldi di Leland, riuscì a migliorare il suo apparecchio implementandolo con altre 12 macchine, studiò animali, cavalli, atleti, uomini qualunque, aprendo la strada alla moderna biomeccanica ma soprattutto, per quanto ci riguarda, al cinema.

Edward decise di tornare nella sua cara Inghilterra nel '94, Kingston era sicuramente diversa ma non si può stare lontani per più di mezzo secolo dalla propria terra, od almeno non lui, aveva bisogno di tornarvi e lo fece e vi rimase, visse quegli anni in pace e tranquillità, insieme a sua cugina Catherine, miss. Katy, vide l'arrivo del '900 insieme a lei, con tutte le sue innovazioni tecnologiche ed i grandi fantasmi che si avvicinavano all'orizzonte e lì, nella primavera 1904 durante un tiepido pomeriggio, morì.

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