sabato 3 luglio 2010

Psicogeografia e derive psicogeografiche...

Possiamo dire di conoscere veramente il luogo in cui viviamo?
Non sto parlando delle nostre case, ma dei nostri paesi, dei nostri quartieri, delle nostre città,...


Usiamo addirittura l'appellativo "nostre" per definirle, ma cosa conosciamo davvero di esse?
La nostra vita normalmente si dipana principalmente tra pochi luoghi: l'abitazione, il luogo di lavoro o di studio, la palestra, la scuola dei figli, la parrocchia, il bar o qualche locale di svago,... comunque poco di più.
E quali percorsi scegliamo per raggiungerli? Solitamente i più brevi!
Cito da wikipedia:


La psicogeografia è una metodologia d'indagine dello spazio urbano creata nei primi anni cinquanta dal movimento di avanguardia artistica dei lettristi.
Nel 1953 Ivan Chtcheglov scriveva: "Sire, io vengo dall'altro paese. Nelle città ci annoiamo, non c'è più un tempio del sole" (...) "I diversi quartieri di questa città potrebbero corrispondere all'intera gamma di umori che ognuno di noi incontra per caso nella vita di ogni giorno".
Nel primo numero del bollettino dell'Internazionale Situazionista, pubblicato nel 1958, la psicogeografia viene definita "Studio degli effetti precisi dell'ambiente geografico, disposto coscientemente o meno, che agisce direttamente sul comportamento affettivo degli individui".
La psicogeografia è un gioco e allo stesso tempo un metodo efficace per determinare le forme più adatte di decostruzione di una particolare zona metropolitana.





La tecnica dell'esplorazione psicogeografica è la Deriva, che indica un passaggio improvviso attraverso ambienti diversi. Guy Debord ha suggerito alcune indicazioni per mettere in pratica una deriva psicogeografica: «Per fare una deriva, andate in giro a piedi senza meta od orario. Scegliete man mano il percorso non in base a ciò che SAPETE, ma in base a ciò che VEDETE intorno. Dovete essere STRANIATI e guardare ogni cosa come se fosse la prima volta. Un modo per agevolarlo è camminare con passo cadenzato e sguardo leggermente inclinato verso l'alto, in modo da portare al centro del campo visivo l'ARCHITETTURA e lasciare il piano stradale al margine inferiore della vista. Dovete percepire lo spazio come un insieme unitario e lasciarvi attrarre dai particolari. »... 
Se è facile prendere la tangente verso ciò che incuriosice in un luogo nuovo, lo è meno in un luogo familiare e che frequendiamo spesso perché dobbiamo sempre andare da qualche parte e dobbiamo farlo in un determinato tempo che è sempre il minore possibile e solitamente dobbiamo anche rispettare certi orari.

Io ho provato la tecnica della deriva qui a Reggio Emilia, dove vivo da sempre e di tanto in tanto continuo...
Lascio che le sensazioni del movimento prendano il sopravvento, che ciò che mi trasmette il luogo in cui sono pervada tutti i miei sensi.
L'unica cosa che seguo in quei momento è ciò che attira il mio interesse.
Se non pensiamo al futuro, ma al presente, se sentiamo quello che ci comunica il luogo nel quale ci stiamo muovendo entriamo in una speciale connessione con esso e lo viviamo più intensamente conoscendolo più a fondo, conoscendolo nella pancia...
Io ho fatto di più, ho tentato di documentare con la macchina fotografica qualche deriva e quelli che vedete qui sono alcuni risultati...


Vi consiglio di provare mentre siete in ferie e avete tempo "da perdere", studiate i luoghi che percorrete, appropriatevene, ma fate ancora di più: appropriatevi delle sensazioni che vi provocano senza pensare alla fretta, allo stress e alla meta che tanto siete in ferie e nessuno vi rincorre...

Vi garantisco che non sarà tempo perso!

Buone derive a tutti!

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