mercoledì 12 maggio 2010

giocando con la luce

Cos'è per noi la luce?
Potrei iniziare dicendo che la relazione che intercorre tra bellezza e intelletto ha sempre avuto tra i suoi migliori pennelli la luce, e in particolare, nel contesto per cui scrivo, quella flebile e tagliente delle prime e delle ultime ore del giorno, quella che scava le espressioni e disegna i sorrisi, la luce diretta che accende il volto del soggetto cancellandone ombre e imperfezioni.
Anche quella artificiale delle lampade nei locali o delle vie e delle piazze nella Street-Photo o quelle accecanti e centrate dei teatri e degli spettacoli.

Credo potremmo affermare senza ombra di dubbio(per l'appunto) che la luce sia la colonna portante del nostro pensiero; il buio stesso per citare Albert Einstein, non è altro che assenza di luce e la fotografia, nostro incantevole e immaginifico modo di riscrivere la realtà, non esisterebbe senza questa particolare frequenza d'onda.

Senza luce non esiste rilievo e, come per i primi cartografi, senza rilievo il nostro occhio non trova un luogo su cui riposare, essa è l'intimo motore che spinge il nostro cervello verso ciò che riteniamo centrale nel racconto, e per tale motivo, esattamente come una melodia necessita di variazioni per poterla comprendere.

Anche se ritengo essere utile quella artificiale, nella mia esperienza di fotografo ho sempre preferito quella naturale, lasciare i soggetti a loro agio, immersi nei loro piccolo e personalissimo acquario cognitivo, permettendoci di viaggiare, di conoscere il loro mondo e rapire stralci della realtà che li circonda, piccoli frammenti di quest’universo sottile che in pochi riescono a vedere.

Imparare a giocare con le luci del giorno è vitale nella fotografia e, proprio per questo, sarà il caso di iniziare a distinguerle in tre tipologie principali.

La luce "grande": quella in cui le ombre non esistono, tutto è in chiaro e non esistono segreti, luce profonda e capace di insinuarsi in ogni singolo anfratto, ottima per i paesaggi ma decisamente scarsa per riuscire a raccontare la vita e le peripezie scritte nelle mani di un vecchio pescatore.

La luce "media": quella in cui le ombre sono morbide e distribuite, soffuse, sfumate, luce che racconta molto, ma solo a tratti, lasciando alla fantasia il compito di riunire le sue carte e dipingerne la trama, forse la migliore per raccontare le giornate primaverili, le piccole rughe delle foto di dettaglio anatomico, i microscopici solchi che attraversano una vita.

La luce "dura": dove tutto è netto, il luogo della mente in cui o è bene o è male, la luce dei locali e delle Lomo in ambiente “by night”, il pennello delle pubblicità peraltro, il flash che porta sul palco il messaggio uccidendone la concorrenza.

Ricordatevi sempre del “bilanciamento del bianco”, e qui parlo perlopiù ai chimici dell'analogica o ai “compattisti”(grazie a Dio esistono i file Raw che permettono a noi altri di salvare le dimenticanze in seconda battuta), ovvero quella dannata portante di colore che ci sputtana la foto quando andiamo a ritirarla, ed il pensiero/scusa è sempre lo stesso - ma non avevo su il Cokin! che polarizzatore di merda! -.

Il bilanciamento del bianco è misurato in Kelvin, da qui la suddivisione della luce in fredda e calda, in blu e rossa; ricordiamoci sempre di compensare se la giornata è nuvolosa o se stiamo scattando in mezzo al Sahara a mezzogiorno, o raccontiamo agli amici di aver scoperto l'affascinante mondo delle portanti cromatiche, la cosa fondamentale è rimanere impassibili quando si aprirà la busta delle stampe in negozio – sì sì, perfette, era quello che volevo, grazie! -.

Se invece volete essere sicuri del risultato, controllate sempre con scatti di prova e non fidatevi mai del bilanciamento automatico, molto meglio ritarare la macchina facendo un mezzo scatto su di una superficie bianca(o anche meglio grigia) così da avere una lettura priva di colori(quasi tutte le compatte hanno la funzione bilanciamento personalizzato).

E ora sperimentate, si dice che la selezione sia importante ma senza sperimentazione non avrete nulla da selezionare, evitate la perfezione del soggetto, la magnificenza del creato sta la sua incapacità a dirsi finito, sfruttate il cadere a pioggia delle luci sulle vite di chi non conoscete, la loro capacità di raccontarci storie mai confessate e solo ora svelate.

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